Streaming, cui prodest?

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La fase politica che stiamo vivendo è, tra le altre cose, l’epoca dello streaming. Hanno cominciato i 5 stelle. Tra i principi che hanno caratterizzato maggiormente la nascita del Movimento c’era proprio la trasparenza. Legata al concetto di democrazia diretta: la spinta a rendere pubblico anche il dibattito interno ai meet up e alle riunioni dei gruppi parlamentari prese il sopravvento. Ma è durata poco. Le contrapposizioni interne, peraltro fisiologiche per una forza al 25%, hanno scoraggiato anche gli strateghi della Casaleggio associati. Paradossalmente, il Partito democratico è invece diventato il partito dello streaming. Per un comprensibile slancio a rispondere con i fatti agli attacchi dei pentastellati che accusavano i dem di inesistente trasparenza all’interno del partito, da due anni a questa parte le riunioni della direzione del PD vengono trasmesse in streaming sul sito del partito.

Il Pd ha pensato di dover rispondere “aprendosi”, rischiando che le riunioni della sua Direzione diventassero qualcosa di diverso rispetto al passato proprio per la presenza silenziosa ma ingombrante delle telecamerine degli smartphone o dei tablet.

Il dibattito si è svuotato? Ottimisticamente si può dire che si è sintetizzato e chiarificato. Pessimisticamente bisogna ammettere che è impossibile per chiunque lasciarsi andare con la lucina rossa delle telecamere accesa e quindi ognuno finge una parte, addirittura si comporta nel modo più diplomatico e non si arriva mai al nocciolo delle questioni. Il dibattito resta freddo, nessuno scopre veramente le proprie carte e i veri consessi rimangono riservati e consumati nelle segrete stanze oppure proposti in caricatura con botte e risposte sui giornali. C’è poi anche chi critica apertamente la scelta dello streaming mettendo l’accento sull’effetto negativo dell’impressione di divisione e profondo disaccordo tra maggioranza e minoranza che provoca la messa a nudo dei problemi interni di un partito.

Esprimere un giudizio sul fenomeno streaming non è facile. Giova a chi lo fa? Il clamoroso arretramento del Movimento 5 stelle, fa propendere verso un giudizio negativo. Molto probabilmente serve a mattatori come Matteo Renzi che fa dell’orazione uno dei suoi punti forti. D’altronde sia dal punto di vista politico che mediatico in questo modo il premier è riuscito a silenziare il dissenso e almeno portarsi a casa delle mini vittorie tattiche. Non è bastato poi alla minoranza attaccarlo proprio sugli esiti delle direzioni, è su quel campo che Renzi, con i suoi discorsi che partono sempre dalle grandi tematiche per finire con le questioni interne, riusciva a prevalere e ad allontanare le piccole crisette.

E’ forse questo il punto: lo streaming –  che peraltro viene seguito quasi esclusivamente da addetti ai lavori o da frequentatori incalliti dei social  – se ben utilizzato serve a consolidare la leadership di chi lo “organizza”. Serve a creare una rappresentazione pianificata e ben mediata. Non serve a garantire una realtà di discussione veramente completa e articolata.

Viene anche da pensare che lo streaming rappresenti un ulteriore prova della crisi dei partiti. Qualcuno sarebbe disposto a scommettere che i vecchi membri del Comitato centrale del PCI acconsentissero a farsi filmare durante le loro vibranti discussioni (lì i panni si lavavano in casa) o lo stesso per le direzioni della DC, veri e propri scontri tra correnti (quasi partiti anch’esse)? Fantascienza. Ma allora i partiti erano qualcosa che oggi la maggior parte della popolazione ignora, ha dimenticato o preferisce non ricordare, o rimpiange.

Gianluca Garro